giovedì 18 febbraio 2010

Appello contro i tagli alle ore di storia dell'arte dalle scuole secondarie

Preso atto della riduzione degli orari di storia dell'Arte nei licei e la sua scomparsa dagli istituti tecnici e professionali dovuti alla riforma Gelmini, ci appelliamo al Ministro della Pubblica Istruzione affinchè riveda questa decisione che ci lascia insoddisfatti e interdetti.Non possiamo che manifestare il nostro disappunto in merito a punti della riforma che troviamo ideologicamente pericolosi, a partire dalla sua impostazione classista: La disciplina "Storia dell'arte" rimane, infatti, sostanzialmente nei licei, scuole che nella mente dei riformatori sono le destinatarie di un'umanità superiore, appunto di serie A. L’insegnamento della Storia dell’Arte sparisce infatti dal Professionale, rimanendo nel Tecnico, pur decurtata di ore, in un unico indirizzo, quello Turistico. Siamo contrari al messaggio per cui le discipline tecniche hanno maggiore dignità rispetto a quelle umanistiche Ci sembra del tutto ingiustificato che le ore di insegnamento di Storia dell’Arte diminuiscano al liceo artistico per evidenti ragioni di indirizzo di studi e, soprattutto, che al liceo classico, si adotti la scelta penalizzante di assegnare una sola ora settimanale alla disciplina.Si chiede pertanto di assicurare agli studenti della Scuola italiana e, in particolare, a quelli del liceo classico ed artistico, un insegnamento della storia dell’arte adeguato affinché si possa garantire in modo efficace la formazione disciplinare e culturale dei nostri studenti. Infine, se vogliamo che i cittadini di domani difendano i principi enunciati nell’art.9 della Costituzione, occorre che conoscano il patrimonio storico-artistico che saranno chiamati a salvaguardare. O è proprio questa consapevolezza che si vuole cancellare?

La società civile
Tratto da:
http://www.petizionionline.it/petizione/appello-contro-i-tagli-alle-ore-di-storia-dellarte-dalle-scuole-secondarie/720
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giovedì 4 febbraio 2010

L’enigmatico De Chirico

La storia dell’arte è piena di geni o di artisti che in un certo senso hanno dato un contributo originale per lo sviluppo della pittura contemporanea ed uno di questi è senza dubbio il fondatore della scuola metafisica Giorgio De Chirico.
Nasce a Vòlos in Grecia nel 1888 e muore a Roma nel 1978, studiò arte ad Atene e a Monaco dove apprese la pittura romantica e decadente di Arnold Bocklin e di Max Klinger. Nel 1911 fu a Parigi: nella capitale francese frequentò Paul Valèry e Guillaume Apollinare, ma non si associò alle avanguardie artistiche che a loro facevano riferimento.
A Monaco di Baviera lontano da ogni influenza dell’Impressionismo e del Postimpressionismo, aveva guardato con partecipe ammirazione alla pittura scenografica e simbolista - tra tardo romanticismo naturalistico di spiriti nordici e mitologie "mediterranee" di un classicismo tutto letterario.
Era appassionato anche nella lettura dell’Ecce Homo di Nietzsche dove è evocata l’intensa suggestione delle città italiane nella luce silente dei pomeriggi autunnali, e da “Sulle cose supreme” di Otto Weininger dove si proponeva una “metafisica come simbolistica universale”.
Si spiegano così i suoi primi quadri come: L’enigma di una sera di autunno del 1910; L’enigma dell’ora e Nostalgia dell’infinito del 1911 e la serie delle Piazze d’Italia eseguite per lo più a Parigi nel ricordo dei lunghi portici ombrosi e delle architetture uniformi e semplificate che avevano colpito il pittore durante i suoi soggiorni dal 1909 al 1911 a Milano, a Firenze e soprattutto a Torino.
Sono dipinti, che possono essere già considerati “metafisici” per quel senso di mistero, di arcana meraviglia che promana da quelle prospettive esasperate, da quella spazialità ora impervia, ora geometricamente bloccata tra quinte e fondali, ora dilatata al limite invalicabile di un cielo verde cupo: uno spazio rarefatto entro cui anche la parvenza e gli eventi della vita quotidiana acquistano la carica simbolica, inquietante ed elusiva delle immagini oniriche. Quadri che sono esaltati da una luce astratta che proietta lunghe ombre in diagonale, nettamente scandite.
Dal 1915 al 1919 Giorgio De Chirico fu a Ferrara, che per la particolare configurazione architettonico - urbanistica trova per il mondo "metafisico" dell’artista il suo luogo ideale.
A Ferrara, De Chirico conobbe il pittore futurista Carlo Carrà, con cui iniziò il percorso che lo portò a definire i canoni della pittura metafisica: a partire dal 1920 tali teorizzazioni furono divulgate dalle pagine della rivista “Pittura metafisica”.
I quadri di questo periodo sono: Interno metafisico con grande officina del 1916; Pomeriggio soave del 1916; Arnesi per lo scolaro e I pesci sacri del 1917; opere che rappresentano oggetti rari o usuali avulsi dal ragionevole contesto della loro pratica destinazione e intellettualisticamente riuniti in accostamenti inediti, sorprendenti, capaci di suggerire una loro riposta capacità di "significare".
Ma è anche il periodo di quadri come: Ettore e Andromaca, Le muse inquietanti, Il grande metafisico, in cui compare alla ribalta il teatro metafisico di De Chirico, animato dai celebri manichini, meccanici ma vitali aggregati di gessi archeologici, di squadre di righe, di pezzi ortopedici e di supporti per sartoria. Sono questi i personaggi, gli eroi delle ironiche mitografie dechirichiane; fantasmi appena riconoscibili di un mondo remoto, irrimediabilmente perduto e insieme prefigurazione di quella umanità disumana di cui parlava il fratello di De Chirico, Alberto Savinio: "Tale sarà l’uomo di ferro nella sua esistenza muta che gli mancherà il dolore, la passione, la fede" ( dall’Uomo senza volto di Alberto Savinio).
L’esperienza metafisica di De Chirico poté costituire un’anticipazione, o comunque uno stimolo nei confronti del movimento surrealista. Poeti e pittori surrealisti riconosceranno nell’artista italiano uno dei padri e precursori del Surrealismo; ed è innegabile l’influenza esercitate dalle sue opere su pittori come: Ernst , Dalì, Tanguy, Magritte; Delvaux.
La figura del manichino, simbolo dell’uomo-automa contemporaneo ben si associa alla definizione spesso usata per descrivere i giovani di oggi che tendono ad uniformarsi alle mode dei costumi e degli usi; spesso privi di personalità propria e alla ricerca spasmodica di modelli da imitare.
La forza che nasce dalla massificazione degl’interessi aiuta il giovane-automa a non sentirsi diverso o non accettato dai suoi coetanei.
L’enigma del mondo dechirichiano non può e non vuole ricevere soluzione, è la suggestione in sé del mistero, un mistero scontato che non può commuovere ,ma che non ha nulla da scoprire.
In foto: Le Muse iquietanti, 1917

martedì 2 febbraio 2010

Il Classico David (Jacques - Louis)


Nasce a Parigi nel 1748, morirà nel 1825, la sua produzione artistica sarà caratterizzata da eventi storici come: La Rivoluzione Francese e l’ascesa al potere di Napoleone Bonaparte.
Il David si impone nel panorama francese con il Giuramento degli Orazi, questo quadro fu esposto a Roma nel 1784 e l’anno seguente nel Salon parigino segnando una svolta importante nell’intera vicenda artistica europea.
Ricordiamo che David visse nel 1780 in Italia, visitando città come Roma e Napoli, ove poté alimentare la sua passione per l’antico.
Nonostante il suo viaggio in Italia, nel 1784 la forma delle sue opere è ancora legata al gusto settecentesco nel riprodurre l’antico.
Ampollosa, costruita e spesso poco sciolta è la pittura del David in questo periodo, come si nota nel Ritratto del conte Potoski del 1781.
Ritornato in Francia, l’autore studia con più attenzione i traguardi artistici del Poussin e medita profondamente sulle imponenti opere classiche, ammirate anni prima in Italia, raggiungendo traguardi di sobrietà e scioltezza stilistica già presenti nella sua formazione artistica giovanile.
La semplicità espressiva e gli ambienti disadorni da un plasticismo tutto settecentesco è qualcosa di innovativo, come anche l’azione che acquista un respiro originale, scandita chiaramente dalle luci e dalla stabilità dei gesti.
Questo atteggiamento pittorico, non è altro che la meta della volontà del pittore, di adattarsi con rigorosa fedeltà ai modelli antichi, originata dal nuovo spirito con cui David osserva l’arte e la storia antica.
David pensa infatti, che la Grecia e Roma non rappresentano solamente le testimonianze nel campo artistico di norme perfette di proporzione e di bellezza, ma anche incomparabili esempi di virtù e di rispetto umano.
Infatti, sono proprio questi modelli che l’artista deve ricordare se vuole che le imitazioni dell’antico non producano immagini snervate e vuote di emozioni, ma si impregnino di una volontà di identificazione spirituale. Nel Bruto del 1789 e nel Marat del 1793 non c’è posto per vuote soluzioni estetiche: L’antico è rievocato perché esalti le qualità morali dell’uomo.
Possiamo definire il David, un unione fantastica delle spinte Neoclassiche e delle ideologie rivoluzionarie in Francia. Le sue opere acquistano una pregnanza ideologica tali da divenire la naturale espressione artistica della borghesia in lotta.
Tra le ultime opere dell’artista sono da ricordare Amore e Psiche e Marte disarmato da Venere dipinte nel 1824.
Attento studioso della realtà, il David sacrificò il sogno e la fantasia ad un lucido raziocinio ed a causa del suo temperamento non portato all’immaginazione ottenne i migliori risultati dipingendo davanti al modello, ciò ci induce a dire che si possono dare emozioni ed essere unici anche riproducendo e rielaborando opere antiche e troppo spesso abbandonate per il gusto del nuovo, riscoprendo la bellezza della perfezione e rivalutandone i contenuti.